È un bene di tutti e va difeso da chi vuole impadronirsene per specularci. C’era già stato un referendum e gli italiani avevano già bocciato questa scelta
Gino Paoli
Gino Paoli, il cantautore genovese autore di alcune tra le più belle poesie d’amore in musica, è anche, e da sempre, un cittadino impegnato. Soprattutto a pensare con la sua testa, come dice lui, che è stato anche eletto in Parlamento, negli anni Ottanta, come indipendente per il Pci. Ha fatto parte della Commissione cultura della Camera, poi ha chiuso in fretta quell’esperienza, perché Paoli non ama sentirsi un ingranaggio inutile di un meccanismo che non condivide.
Da quel seggio a Montecitorio a oggi, la politica per lui è diventata un qualcosa di lontano e di molto criticabile, tanto che lui, sempre più spesso, ha scelto di non andare a votare. Farà un’eccezione per i referendum, “lì si esprime la volontà delle persone, i partiti non c’entrano, si vota secondo coscienza e seguendo le proprie emozioni”. Gino Paoli voterà quattro sì e si batte soprattutto per i due quesiti sull’acqua.
Le ragioni delle sue scelte le racconta a Repubblica ieri prima di andare a visitare, in via del Campo, il set di “Canzone per il Paradiso”, un film girato a Genova che lo vede tra i protagonisti.
Gino Paoli, andrà a votare domenica o lunedì per i quattro referendum o resterà a casa?
“Di solito io non vado, ma questa volta di mezzo c’è la scelta di un bene che riguarda l’umanità intera, l’acqua pubblica. E poi i partiti stanno fuori, lontani, in campo ci sono le persone. Quindi vado e voterò sì”.